Museo Liquirizia Amarelli

Una scoperta al sapore di liquirizia

Il museo della liquirizia Amarelli ti attende in Calabria

Quest’estate ho trascorso 20 giorni in Calabria. Pensavo, come al solito, di rimanere sempre a Corigliano calabro e invece questa volta mi è andata particolarmente bene direi. La prima sera (dopo un viaggio in pullman di 8 ore!) ho visitato il castello aragonese. Poi per caso, credo su Facebook (e poi dicono che i social…), ho visto la locandina del Museo della liquirizia Amarelli di Rossano e delle sue visite guidate. Sono riuscita a convincere mia mamma e una coppia di amici.

Corigliano calabro da Rossano dista 10 minuti in auto circa. La strada che le collega (SS 106) è una delle più pericolose in Italia, quindi fai attenzione quando la percorri. Il museo si trova in una traversa della statale e lo troverai piuttosto facilmente (rimane alla tua sinistra venendo da nord). All’interno c’è un parcheggio abbastanza capiente.

Diciamo che d’estate andare per musei non è il massimo. Se poi sei al sud… Quel giorno era particolarmente umido e si moriva dal caldo. Il museo è collocato nell’antica residenza di famiglia, ma una casa così antica come quella il caldo te lo fa dimenticare. Le visite guidate sono gratuite e durano 20-30 minuti massimo. Una guida ti accompagnerà alla scoperta di questo gioiello, una delle tantissime ricchezze nascoste della nostra Italia.

Benvenuti al museo Amarelli!

Il museo è stato inaugurato a luglio del 2001 e solo dopo 4 mesi è stato. Il museo, infatti, racconta la storia della famiglia Amarelli, baroni latifondisti, che avevano una importante produzione agricola. Ciò è testimoniato dagli attrezzi agricoli e dal torchio presenti nel museo. Le loro attività principali erano la produzione dell’olio e del vino, solo successivamente venne introdotta la liquirizia.

Il museo è stato suddiviso in 2 zone:

  • prima dell’elettricità
  • dopo l’elettricità.
Museo Liquirizia Amarelli
L’entrata al museo – La nostra guida – Una delle nievere – Il premio Guggenheim

 

Nella residenza sono ancora visibili dei fori nel terreno. Questi fori, oggi coperti da un vetro, erano i “frigoriferi” del 1400, chiamati “neviere”. Si usava scavare nel terreno una fossa per mantenere i cibi in fresco. Sul fondo veniva messa la neve oppure il ghiaccio, questi venivano ricoperti di paglia e infine sopra veniva adagiato il cibo.

Oltre a tutto ciò che riguarda la produzione di liquirizia, il museo racconta la storia della famiglia Amarelli. Infatti in una teca sono conservati i vestiti della famiglia risalenti alla fine ‘700 e agli inizi ‘800.

La regina “Liquirizia”

La Amarelli, si sa, è un’azienda che produce liquirizia, ma in realtà è errato dire così. Perché? Perché la liquirizia non si produce, al massimo si trasforma! La liqurizia è una pianta spontanea, che viene sradicata perché considerata “infestante”.

Sai dove si trova la migliore? Naturalmente in Calabria. Ad essere precisi proprio nella Sibaritide. Beh, sarebbe scontato dire che lo hanno detto dei calabresi. Infatti lo dicono gli Inglesi in una enciclopedia. Non è necessario aggiungere nulla al succo che se ne ricava. È questo che la rende la migliore.

Chi si è accorto dei poteri officinali che la radice aveva, però, sono stati i Cinesi (ci perseguitano fin dall’antichità!). La radice fa bene alle vie respiratorie e all’apparato digerente. Attenzione però a non abusarne! Potreste accorgervi di avere la pressione un po’ alta.

La liqurizia, in latino “radice dolce”, va dai 50 ai 70 cm di altezza, mentre la sua radice arriva fino a 2 metri di profondità. Il segreto per cui la pianta ricresce sta proprio qui: strappandola, parte della radice rimane inevitabilmente nel terreno, permettendo così la sua ricrescita (avviene nell’arco di 4 anni). Sebbene la più buona sia qui da noi, la liquirizia la si può trovare in altri paesi come Grecia, Turchia e Cina.

Dalla radice ai pesciolini

Per estrarre dalle radici la liquirizia bisogna innanzitutto bollire le radici stesse. Infatti venivano messe in un pentolone di acqua calda. Le radici producevano una sorta di tisana di colore marrone, che, mano a mano che veniva cotta, si addensava diventando una pasta morbida. Il colore nero lo acquista dal processo di ossigenazione del liquido, a cui non viene aggiunto alcun tipo di colorante.

Museo Liquirizia Amarelli
Nelle mani della guida la liquirizia come veniva venduta una volta e poi i macchinari e le etichette Amarelli

 

Questo è lo stesso procedimento che si usa tutt’oggi in fabbrica, ovviamente con un sistema leggermente diverso. Nella prima parte del museo è possibile vedere, ad esempio, una bilancia del periodo borbonico, gli stampini utilizzati in passato e il piano d’amido.

Alla fine del 1700 in Calabria erano state istituite 70 fabbriche di liquirizia: era la produzione più importante del Regno delle Due Sicilie. Questo obbligò le varie fabbriche a doversi differenziare attraverso la stampa del marchio sulla liquirizia. Inizialmente, però, la liquirizia era venduta in stecche e non in caramelle. Il suo consumo era dovuto principalmente alle proprietà che essa presenta. Dopo l’introduzione del bon bon di cioccolato francesi, si cominciarono a produrre le caramelle. La differenza tra il cioccolato e la liquirizia era che la prima si scioglieva, mentre la seconda no.

Ecco perché si diffuse così tanto. Le persone passeggiavano staccando di tanto in tanto un pezzetto da mangiare. Per praticità, quindi, vennero introdotte le “biglie”. Le fabbriche erano tante all’epoca e per distinguersi le une dalle altre su ogni caramella veniva stampato il marchio della azienda.

La tecnica di produzione

L’introduzione delle caramelline, fece sì che si aggiunsero altri passaggi al procedimento di produzione.

Fu introdotto il piano d’amido. Si immergevano gli stampi di porcellana nell’amido, la liquirizia calda veniva colata nello stampo e grazie all’amido non si attaccava allo stesso, ma ne prendeva la forma. Per colarla si utilizzava un imbuto che permetteva di realizzare una caramella per volta. Poi si passò ad un imbuto a 5 fori e infine gli operai erano così bravi da utilizzare un imbuto per mano.

Per rendere le caramelle gommose veniva aggiunta la gomma arabica, che non è altro che la resina dell’albero di acacia. Viene usata perché inodore e insapore e aggiunta alla pasta di liquirizia.

Ancora oggi non c’è ingegnere o azienda meccanica che produca i macchinari per l’azienda Amarelli. Tutti quelli presenti in azienda sono stati realizzati o riadattati dai titolari e dagli operai. Negli anni ’60 Giuseppe Amarelli introdusse un altro sistema di produzione perché giudicò il precedente troppo pericoloso per gli operai. Fu così che ideo l’estrattore. La radice viene sfilacciata e inserita in un filtro, che a sua volta viene iserito nell’estrattore. Un getto di acqua calda a 160° estrae il succo, che passa attraverso un tubo fino alle impastatrici. Queste cuciono il succo per 6-7 ore a 100°.

La fine della visita e i riconoscimenti

Se la 1° parte del museo illustra il lavoro dell’azienda svolto manualmente (fine ‘800), la 2° parte presenta invece quello svolto meccanicamente grazie all’introduzione dell’elettricità (inizi ‘900). Essendo un museo realizzato per raccontare la storia dell’azienda, sono stati raccolti tutti gli strumenti tecnologici usati negli anni. È quindi possibile vedere uno dei primi telefoni cellulari, così come un computer Apple risalente agli anni ’80.

Museo Liquirizia Amarelli
Continua la spiegazione del processo di produzione della liquirizia e del museo

Il museo Amarelli, secondo una ricerca del TCI, è il 2° museo d’impresa più visitato in Italia dopo il Museo Ferrari. È stato insignito del premio Guggenheim dopo soli 4 mesi dall’apertura. Poste Italiane ha emesso un francobollo dedicato al museo Amarelli il 3 aprile 2004: è la prima volta che un museo d’impresa appare su un francobollo. La creazione dell’archivio storico di famiglia, che contiene documenti dal 1445 ad oggi, è valsa la dichiarazione di “interesse storico particolarmente importante” con decreto del Ministero dei beni culturali del 20 dicembre 2012.

Nel 2008 Tronchetti Provera ha chiesto all’azienda di produrre un pneumatico fatto interamente di liquirizia da esporre alla Triennale di Milano. Ne sono stati realizzati 3 e uno, del peso di 70 chili, è esposto a Shangai. Quello che si vede nel museo Amarelli è una copia di quello di Milano.

Usciti dal museo ne abbiamo trovato un altro. Nel parcheggio potrai ammirare i macchinari utilizzati nel secolo precedente dall’azienda Amarelli, tra cui alcune conche, un mulino tagliaradici e un generatore di vapore per le macchine.

Museo Liquirizia Amarelli
All’esterno del museo è stato allestito un museo open-air con i macchinari del XIX secolo

Ti lascio ricordandoti che Amarelli è un’azienda che non investe in pubblicità. È proprio una filosofia aziendale. Preferiscono investire nella struttura e nel suo miglioramento. Che sia questo il segreto del suo successo?

 

2 pensieri su “Una scoperta al sapore di liquirizia

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